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Ho letto, in questi ultimi tempi, diverse dichiarazioni inerenti le vicende Fiat e d’intorni. Alcune di queste non solo lasciano perplessi ma, mi si permetta, fanno incavolare a fondo perché fatte da persone lontane mille miglia dai posti di lavoro. Si tratta di dichiarazioni contro gli interessi dei veri produttori di reddito che in prima fila annovera gli operai, le operaie, gli impiegati, le impiegate, i tecnici e i ricercatori, ai quali vanno aggiunti tanti corretti datori di lavoro, tra i quali coloro che non hanno mai beneficiato di particolari incentivi dallo Stato. Ripeto, si tratta di dichiarazioni fatte da persone lontane da quei processi produttivi ove il lavoro, per esempio, è a turni continui avvicendati e spesso condizionato da ritmi di automazioni spinte ove lo sfruttamento degli impianti si traduce in pesanti riflessi sull’umano e cioè sulla persona. Sono automazioni progettate per realizzare massimo profitto, quasi a prescindere dai ritmi e riflessi imposti al fisico e alla psiche della persona.
Sentirsi dire che le nuove relazioni sindacali alla “Marchionne” sono moderne e da esportare ovunque, allarma tutte le persone che in questi anni nel nostro Paese si sono impegnati per affrontare la crisi senza comprimere libertà e diritti. Certe dichiarazioni sono una minaccia contro quel meraviglioso Popolo che suda e si ammala per fare produzione e per far progredire l’Italia tramite la scuola, la ricerca e il lavoro tecnologicamente sempre più avanzato. Quanti operai sono morti o invalidati, o ammalati irreversibilmente, facendo il loro dovere in fabbrica, nei cantieri e più in generale nel lavoro? (“anche l’eroico Guido Rossa è stato un esempio di estremo sacrificio per difendere la libertà, la democrazia e il lavoro dal di dentro la fabbrica!”)
Non voglio sembrare a chi prende la difesa di chi si ammala “puntualmente” nelle stagioni delle produzioni agricole, o alla fine delle ferie, o in concomitanza con le importanti festività, o con eventi sportivi, o altro ancora, perchè di queste persone i “padroni” e i datori di lavoro privati o pubblici che siano, hanno nome e cognome e a disposizione chiare Leggi di contrasto. Non occorre quindi stravolgere le relazioni industriali conquistate nel corso degli anni al prezzo di grandi sacrifici, ne ledere la dignità dei lavoratori, ne tantomeno comprimere libertà Costituzionali come il diritto di sciopero.
Le relazioni industriali alla Marchionne e suoi “cantori”, non avranno vita facile perché i lavoratori, appena si accorgeranno cosa significa questo sulla loro pelle e sulle famiglie, si ribelleranno. I lavoratori non vogliono essere trasformati in moderni “balilla” tantomeno con la complicità di “padroni” e loro portavoce, di politici per tutte le stagioni e di “moderni” sindacalisti che in fabbrica o nei cantieri, “se vi sono stati”, non hanno sudato affatto. Anzi, per questi ultimi, sarebbe salutare fargli fare, prima di tutto, un adeguato periodo di “gavetta” in più settori produttivi a partire da quelli interessati da turni continui avvicendati e nei cantieri edili.
Per alcuni aspetti, credo che le relazioni sindacali alla “Marchionne” siano ricatto e quindi, con l’andare del tempo questo produrrà conflitto dentro e fuori dalle fabbriche perché la libertà e la dignità delle persone non è merce. Non penso che sia facile, per Marchionne e simili, ridurre i lavoratori italiani come quelli che lavorano nei “suoi” stabilimenti Chrysler in USA. Ne penso che questo indirizzo possa far aumentare le vendite della Fiat nel nostro Paese o in Europa!
In Italia la storia del movimento operaio ha radici ben diverse da quello statunitense per cui, il fronte contro questo indirizzo si organizzerà e coinvolgerà tutte le persone animate dalla difesa dei diritti sanciti dalla Carta Costituzionale.
Hanno voluto la globalizzazione senz’anima! Si sappia che questa globalizzazione è governata dai banchieri, ma non per il riscatto dell’umanità intesa come promozione umana. Se fosse vero il contrario, per esempio, non avremo la lotta inumana ai clandestini tramite il dittatore Gheddafi, con buona pace per i Berlusconi, per i Bossi, per i Cicchitto, per i Larussa, per i Maroni, per i Calderoli, per i Gasparri e loro compagnia “cantanti”. (E la vicenda della mancata estradizione del pluri assassino Cesare Battisti, è forse condizionata dai corposi affari economici con il Brasile?)
E ancora, se fosse vero il contrario, non avremo ne disoccupati, ne aumento dei poveri, ne giovani senza futuro, con buona pace anche per i Fioroni, per i Rutelli, per i Fassino, per i Casini, per le Binetti, per i Veltroni, per i D’Alema, per i Chiamparino, per i Renzi e il resto dell’altra, anche se diversa, compagnia “cantanti”.
É auspicabile che anche la Chiesa di Roma si faccia sentire molto di più sui temi della umanizzazione del lavoro perché, altrimenti, rischia di assecondare indirizzi di competitività senz’anima.
Nella nostra Italia, c’è ancora qualcosa di urgente da realizzare. Quella di considerare i lavoratori dipendenti persone con dignità piena, nel senso che a tutti deve essere garantita la libertà organizzarsi sindacalmente e di votare anche in fabbrica, a partire dalle piattaforme rivendicative fino alle ipotesi di accordo, perché nessuno è analfabeta, ne a nessuno può essere negato il diritto al dissenso, ne privato del diritto di scegliersi l’organizzazione che gli da più fiducia, ne vietato l’esercizio del diritto allo sciopero, ecc..
Non serve alla democrazia, la nascita di un sindacalismo alla “unione sovietica” o la rinascita del sindacalismo “giallo” perché questo significa giungla, ossia arretrare su tutti i fronti.
Occorre invece, e con urgenza, una adeguata Legge sulla rappresentanza sindacale perché questo concorre consolidare la democrazia e rispetta, anche nello spirito, la Costituzione Repubblicana.
Occorre una seria riforma del fisco in modo da alleggerire anche le tasse sul lavoro e per finanziare istruzione, ricerca, sanità, ecc. ecc. .
Chi non vuole questo, a prescindere dalla posizione che ricopre nella società e nella politica, è un antidemocratico e perciò dannoso per la democrazia senza aggettivi.
Giuliano Raimondo